Maria Messina – La casa nel vicolo – Introduzione


Maria Messina

La casa nel vicolo

1921

Maria Messina (Palermo, 14 marzo 1887 – Pistoia, 19 gennaio 1944), all’età di ventidue anni, iniziò una fitta corrispondenza con Giovanni Verga, e tra il 1909 e il 1921, pubblicò una serie di racconti. È tra le scrittrici basilari della storia della letteratura italiana del primo Novecento.

Note
Diritti d’Autore: no
Edizione di riferimento: Maria Messina, La casa nel vicolo, Sellerio Editore, Palermo, 1982

Biografia di Maria Messina

Maria Messina. La casa nel vicolo

Introduzione di Alessandra Piras

Da Sololibri.net

Maria Messina, amica e corrispondente epistolare di Giovanni Verga e Ada Negri, è stata ingiustamente dimenticata per troppo tempo. Con “La casa nel vicolo” ha descritto in modo semplice ma intenso una storia complessa e tormentata.

Una trama semplice per una storia complessa. Questa, se vogliamo, è un po’ in sintesi La casa nel vicolo di Maria Messina (Sellerio, Collana La rosa dei venti 2009, pp. 196, 8,00 euro). L’autrice siciliana (1887-1944), zia di un’altra scrittrice, Annie Messina, fu amica di Ada Negri e Giovanni Verga (che inserì una sua novella nella prestigiosa rivista letteraria La Nuova Antologia), ma cadde poi nell’oblio; solo negli anni ottanta è stata rivalorizzata da Sciascia e pubblicata dalla casa editrice palermitana.
Il testo in questione è stato dato alle stampe la prima volta da Treves nel 1921. Al centro del breve romanzo, che ha avuto nel corso degli anni un largo consenso di pubblico e critica, le vicende di due sorelle molto unite, Antonietta e Nicolina, che abitano in famiglia a Sant’Agata. La loro vita però cambierà radicalmente con l’ingresso nella casa paterna di don Lucio, amministratore dei beni del ricco Barone Rossi nonché creditore del loro stesso padre e di molti abitanti del posto, al quale concede spesso prestiti a usura. Quando Don Lucio chiede Antonietta in moglie, nell’abitazione coniugale andranno a vivere non solo gli sposi ma anche Nicolina, ancora adolescente. Nicolina, però, che doveva star con loro solo temporaneamente, vi abiterà sempre, e devotamente si occuperà di tutto ciò che riguarda la casa: dalle faccende quotidiane all’accudimento dei tre figli della coppia e sarà oltretutto succube delle attenzione morbose del cognato.

Don Lucio assaporava la sua fumata con soddisfazione quasi voluttuosa. Tenendo gli occhi socchiusi, seguiva ogni piccolo movimento delle due sorelle. L’una e l’altra avevano nell’espressione, nella maniera di muoversi, di guardare, lo stesso impaccio, la stessa goffaggine che nascevano dal continuo misterioso timore di recargli fastidio. Egli provava una compiacenza sempre nuova ogni qualvolta si avvedeva come fosse profonda la soggezione che ispirava alle due donne, specie a Nicolina che, sul principio, aveva mostrato di avere una vivacità quasi irruente e sgradevole.

La vita, scandita dalla routine, gira attorno a un’unica persona: l’uomo, marito, cognato e padre-padrone («La felicità si trova nell’abitudine», pensa Don Lucio) che diventa elemento di scontro e di odio fra le congiunte, che finiranno per vivere da separate in casa. L’unico anello di congiunzione e di amore “pulito” che le lega, sono i figli dell’una nonché nipoti per l’altra.
Un ruolo importante, per non dire decisivo, lo assume Alessio, il primogenito. Sensibile, intelligente e attento a ciò che accade sia dentro che fuori da quelle quattro mura domestiche, sarà al centro di una tragedia che cadrà come un macigno sulle esistenze dei protagonisti. Antonietta e Nicolina trascorreranno le loro giornate “come anime in pena” e l’uomo continuerà ad avere le proprie imperscrutabili certezze:

Ciascuno visse, per sé, con una grande solitudine dentro l’anima; estraneo, indifferente a quelli che respiravano la stessa aria e tagliavano lo stesso pane, come gente che vive nello stesso albergo senza conoscersi.

La scrittura di Maria Messina, lineare e senza fronzoli, mette in luce in modo intenso e drammatico la triste condizione delle donne siciliane nella prima metà del Novecento, anche negli ambienti della borghesia cittadina. E quel che pensa Don Lucio di quelle che vivono con lui rende l’idea:

Le voleva custodire. Le voleva formare lui, a suo modo, docili, semplici, ignoranti, senza desideri, come debbono essere le donne.

Non è concesso svagarsi o prendersi del tempo solo per sé stesse e quando accade ˗ nel racconto Alessio organizza con iniziale entusiasmo una gita fuori porta in cui manca per la prima volta Don Lucio ˗ è quasi vissuta come una colpa. Quindi non solo sottomesse, ma anche incapaci di ribellarsi e senza i mezzi per poterlo fare.
Da notare che la stessa Maria Messina ha condotto una vita schiva, sperimentando sulla sua pelle la casa-prigione a causa della sclerosi multipla che la colpì all’età di vent’anni.

Alessandra Piras

Biografia di Maria Messina

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